Farsi guardare
Entrò nel salone con passo lieve
e tutti divennero statue di sale, folgorati dalla sua unica,
inarrivabile qualità:
così sgraziata e goffa,
legnosa e adunca,
così gonfia e panciuta,
e storta e zoppa che nessun velo al mondo
l’avrebbe mai coperta abbastanza.
Ogni veste, anzi, avrebbe reso
irrimediabile ornandola,
quella stortura diabolica,
folle divertimento del Caso.
Mostro era e mostrandosi
faceva il mestier suo:
esser guardata.
Ma era nuda, per fortuna, e così passò inosservata.
2 Comments:
Strano, questo ritratto satirico è stato giudicato la mia poesia "più cattiva" (nel senso di "malvagia") dall'amica Alessandra Cesselon, che organizza eventi d'arte e scrive anche liriche delicate.
Cattiva? Direi proprio di no, cara Alessandra. Nessuna mia poesia è cattiva. Anzi. E anche questa, se la leggi bene - ha una semantica un po' contorta - è infinitamente buona, ottimistica. Insomma, se il mio corpo è naturalmente così sgraziato e disarmonico che tutti mi guardano folgorati, e questo sguardo "al mostro" m'imbarazza, che faccio? Mi tolgo i vestiti. Il corpo nudo attenua le brutture, anziché accentuarle (come tanti pensano). Nuda, io che sono mostruosa - pensa la protagonista della poesia - sarò solo un po' meno bella degli altri, e così finiranno di guardarmi come un mostro. E, pensateci bene, non è un inno all'ottimismo, alla speranza? Oltreché al compito taumaturgico del corpo naturale, contro l'imbruttimento ipocrita causato dai vestiti e l'invidia degli altri?
Sì, questa satira è in realtà un eccentrico inno al nudismo. Spiega perché è il vestiario che rende ancora più vistosi, cioè disarmonici, i nostri corpi.
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