Versi diversi

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09 marzo 2009

Le more di Leopardi

Uomo che sulla scala guarda oltre il muro (Rodney Smith) 

.

LA SIEPE DI ROVO

Stolta nutrice ignara d’animi geniali,
al perfido Giacomino offerì l’ali:

un sorbetto di frutti di rovo rude
di “quella siepe che il guardo esclude”.

Ma anziché invocar illogica vedetta,
non poteva munirsi d’un’umile scaletta?

Però, a quel desso il dolce prende il core:
”E il naufragar m’è dolce in queste more”.

. .
.

Leopardi, così rivela il Ranieri che ne era intimo amico, era molto goloso. Lo scorso autunno, gustando una gelata coppa di more al limone con panna, me ne uscii con una delle mie solite – è il caso di dirlo – freddure. Una parafrasi leopardiana che finisce a sorpresa con un errore di lettura da parte del tipografo dell’800: "E il naufragar m'è dolce in queste more". E mi scrissi un appunto. Ora l'ho ritrovato e vi ho voluto costruire sopra, a freddo, una satira, una storia, che lo giustificasse. Insomma, come a immaginare in maniera iconoclastica (essendo io un grande estimatore della poesia e dell'intelligenza di Leopardi) che quella follia, quel finto errore di stampa, potessero anche avere un perché. Insomma, “L’Infinito”, insomma, sarà pure ineffabile, però non è intoccabile. E una siepe, se di rovo, avrà pure i suoi saporitissimi frutti.

AGGIORNATO IL 16 AGOSTO 2022.

IMMAGINE. Foto di Rodney Smith.

4 Comments:

Anonymous Anonimo said...

DI-vertente-ssacratorio-sinibito

10 marzo 2009 alle ore 02:54  
Blogger Nico Valerio said...

La stupida balia, che non capiva nulla del piccolo genio che aveva allattato, senza volerlo gli offrì il destro poetico, servendogli un sorbetto fatto di more. Raccolte, guarda un po’, proprio da quella famosa siepe di rovo che - a detta del pargolo troppo fantasioso - gli impediva la vista sull'infinito. Nientemeno.
Ma, dico io, il ragazzo anziché lamentarsi di non poter ammirare l'orizzonte a causa d'una banalissima siepe, non poteva salire su una panca, o spostarsi, o andare da un’altra parte? Che stupida ostinazione la sua: propria da quella parte doveva stare l’infinito? E che infinito è, se non è dappertutto?
Fatto sta che il sorbetto piacque, eccome, all’eccitato adolescente malinconico. Tanto che gli scappò scritto un refuso freudiano alla fine della poesia: "E il naufragar m'è dolce in queste more". Fu poi colpa d’un troppo zelante correttore di bozze, probabilmente un maestro elementare del luogo, se la versione, certamente più banale, passata alla Storia è stata purtroppo un’altra.

30 marzo 2009 alle ore 18:47  
Blogger Nico Valerio said...

Mi arriva da uno studio legale di Enna un'altra possibile interpretazione:
"Ma quale sorbetto! Facitime 'u piacere. "il naufragar m'è dolce in queste more" è quel rassegnato illanguidimento dei sensi che noi emotive, giovani (e per quanto mi riguarda, avvenenti) avvocatesse del Sud, confinate in oscuri e polverosi studi legali, ogni giorno a contatto con volgari cancellieri puzzolenti di tabacco, seguendo gli atti giudiziari, proviamo in occasione dei consueti penalizzanti ritardi della retriva amministrazione della Giustizia italiana, come in un'attesa infinita e senza speranza. E nelle more, tra un atto e un altro, vi assicuro, tutto può accadere. Io due anni fa, a 37 anni, vi persi la verginità"
Con ossequi
Avv.ssa Lo Sciuto Peppina"

30 marzo 2009 alle ore 19:04  
Anonymous Farmacista di Bomarzo said...

Ma è vero che la Silvia, peraltro grande troia, non gliela dette mai, e lui disperato si buttò sui gateaux?

1 giugno 2009 alle ore 17:54  

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